Un giusto indennizzo per le vittime di terrorismo

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Nessuno passa per la stazione di Bologna senza dare uno sguardo a quella lapide, nessuno attraversa piazza Fontana senza cercare la banca, nessun uomo o donna libera pensa a Brescia senza le immagini di piazza della Loggia. E ogni 9 maggio ci fermiamo a pensare cosa sarebbe stata l’Italia se le Brigate Rosse non avessero ucciso Aldo Moro.

Il terrorismo e le sue stragi, quelle lontane degli anni di piombo e quelle recenti del terrorismo daesh al Bataclan di Parigi, al ristorante di Dacca, alla metro di Londra, vivono nel nostro immaginario, nella nostra coscienza civile, nella nostra storia individuale e collettiva.

Sappiamo che ci siamo formati anche con quelle vicende e che gli uomini e le donne che ne sono stati vittime erano come noi. Alcuni sono stati colpiti insieme ad altri; altri nella solitudine del loro impegno nel lavoro o nella vita politica: sono le vittime singole della violenza di estrema destra ed estrema sinistra. Vite interrotte o stravolte che sono parte di una vicenda comune: sostenerle, aiutarle, provvedere a esse, è fondamentale per uscire dall’angoscia che hanno prodotto.

Iniziamo con l’ascoltare: ne vengono fuori racconti strazianti, storie di vite che erano normali, normalissime e che hanno incontrato l’inferno in pochi istanti. Le vittime vogliono raccontare. Ne ho ascoltate tante a Bologna. Mi parlano di mariti e di spose, di figli e di nipoti. Hanno alle spalle tragedie, ma vogliono ricominciare.

Per questo chiedono anche aiuti concreti: per poter riprendere un cammino.

Lo Stato ha prodotto negli anni molte leggi per le vittime e i congiunti del terrorismo: purtroppo una babele normativa che nel tentativo di aiutare tutti, di comprendere tutti i soggetti coinvolti, ha finito per complicare le procedure ed escludere chi pure avrebbe diritti. E ogni volta che hanno potuto, le associazioni delle vittime hanno chiesto chiarezza e semplificazione. Perché spesso i danni sono stati ingenti e duraturi e perché reagire dopo un disastro non è facile né agile. Per chi poi si trova a dover fare i conti con l’accaduto in un paese straniero i problemi si moltiplicano.

Per questo ho voluto ascoltare quelle voci e presentare insieme alla collega Giulia Sarti una proposta di legge che si propone di semplificare, di riordinare le procedure, definire criteri e se necessario allargare la platea senza gravare eccessivamente sulle spese.

Anche questo è un modo per coltivare la memoria che non è solo ricordo: quella memoria contiene valori che appartengono a tutta la comunità. È memoria che serve a fare chiarezza sui fatti, a sostenere la ricerca di verità, a fare giustizia.

Quasi mai ho sentito parole di vendetta da chi ha perso una persona cara in una strage terroristica: questo ci insegna che costruire un sentire comune, sentirsi parte di una storia comune ci aiuta a guardare al passato con meno dolore e a costruire un futuro con maggiore speranza.

Il Progetto di Legge dal titolo “Modifiche alla legge 3 agosto 2004, n. 206, e altre disposizioni in materia di benefìci in favore delle vittime del terrorismo” è stato possibile grazie alla preziosa collaborazione dei colleghi Giulia Sarti (M5s) e Andrea Orsini (FI) che al di là delle differenze dei gruppi parlamentari hanno colto il valore e gli intenti del disegno. Ma il grazie più grande va ai cari amici Paolo Bolognesi, Presidente dell’Associazione familiari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980 e dell’Unione Familiari vittime per Stragi, e Roberto Carlo Della Rocca, Presidente dell’Associazione italiana vittime del terrorismo, la cui instancabile opera è per me sempre fonte di conoscenza e riflessione.

Guarda il testo della proposta di legge in formato PDF 

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